Perché l’uomo ha inventato l’opera lirica? Cosa l’ha spinto a ricorrere a musica e canto per raccontare storie e trasmettere sentimenti che la parola, scritta o recitata, sa indagare con argomentazioni sottili e articolate?
Il melodramma nasce da quello stesso bisogno di trascendenza che induce il poeta a proiettare la parola in un immaginario fantastico, per liberarla dalle pastoie della logica e caricarla di emozioni e rimandi: la musica si unisce alla parola per accrescerne la potenza espressiva, sommando all’evidenza del concetto l’indeterminatezza onirica del sogno. Parole e musica, in miracolosa sintesi, possono raggiungere attraverso le sollecitazioni dell’istinto traguardi negati alla sola ragione. É il caso del Guglielmo Tell, l’opera che vi apprestate a incontrare. Questo estremo capolavoro di Gioachino Rossini (l’ultimo da lui composto, forse il più bello), non è soltanto uno splendido monumento musicale, ma si rivela opera rivoluzionaria per concetti che anticipano i grandi temi coi quali la vostra generazione dovrà confrontarsi.
Il soggetto, riassumibile in poche frasi, descrive il disagio di un popolo oppresso da un potere arrogante e racconta la sua lotta per riconquistare libertà e dignità. Rossini e i suoi librettisti riducono a dimensioni di umana quotidianità il grande affresco storico tracciato da Schiller, l’ispiratore del dramma, e rivestono di abiti dimessi i nobili postulati della vicenda. Non a caso l’opera si ambienta fra le montagne della Svizzera e i protagonisti ne sono gli abitatori: gente fiera e pacifica, di severa moralità, usi a condividere condizioni sociali dure, solidariamente affrontate. L’amor di patria che li spinge alla ribellione non è il nazionalismo degli Stati, regolati da logiche di potere dinastico ed economico: patria è la terra dove si vive, compartendo diritti e doveri. La libertà, per la quale val bene lottare e morire, non ha matrice ideologica, non risponde a concetti metafisici: garantisce il diritto di vivere secondo le proprie ragioni, applicate nel totale rispetto di quelle del prossimo. Le leggi che regolano la vita del villaggio sono dettate da una morale derivata dal senso comune, non provengono da credenze religiose né da imposizioni gerarchiche.
Nel Guglielmo Tell, i temi etici della libertà, dell’amore, della morte, dell’obbedienza e della ribellione vengono trattati laicamente, senza invocazioni alla divinità, senza la presenza di un Gran Sacerdote – escluso perfino nella celebrazione dell’atto nuziale, celebrato in sua vece dal patriarca del villaggio, Mechtal – e senza la presenza di un’autorità carismatica che li sproni alla grandezza.
I protagonisti si comportano come cittadini responsabili e consapevoli, che trovano nella panteistica immersione nella natura i ritmi per vivere e conquistare una felicità qui e ora, senza coltivare l’illusione di placebo consolatori ammantati di eternità. La natura, amica e protettrice, è di fatto l’incontrastata deuteragonista e trova nella musica di Rossini echi indimenticabili e profetici, come le possenti tempeste che scuotono gli animi nella Sinfonia e agitano le onde del lago che inghiottono il tiranno Gessler, colpito dalla freccia vendicatrice di Guglielmo. Il descrittivismo incantato della musica del Tell contribuisce a inscrivere quest’opera in un filone espressivo di segno romantico che sembrava precluso a Rossini dall’elezione di una vocalità belcantistica astratta e asemantica. La problematicità sorta dal contrasto fra questa inedita vena protoromantica e un codice drammatico che cerca l’idealizzazione di sentimenti e personaggi lontani dalla realtà quotidiana, è forse la causa che ha spinto Rossini ad abbandonare il teatro per rifugiarsi in un lungo e amarissimo silenzio.
Difficile situare le tematiche del Guglielmo Tell nell’alveo del pensiero giudeo-cristiano: esse esaltano coscienza e comportamenti di uomini che rifiutano interventi catartici per risolvere il problema del vivere e trovano in sé stessi e nel mondo che li circonda le ragioni dell’essere. L’azione si sviluppa in una cornice priva di ampollosità, affidata a personaggi di modesto profilo: Guglielmo Tell è un’eroe senza coturni che non si abbandona ai grandi gesti: l’atto che lo tramanda ai posteri è quello di colpire una mela posta in testa al giovane figlio; il crudele Gessner chiede sottomissione pretendendo genuflessione dinanzi a un copricapo; il prode Arnoldo si decide a impugnare la spada liberatoria solo per vendicare l’uccisione del padre; Matilde, non grandeggia né come amante né come principessa; il resto dei personaggi si limita a comporre edificanti quadretti famigliari, utili a ricreare le atmosfere di un piccolo mondo rurale piuttosto che a costruire l’immagine di un fiero popolo ribelle.
Tocca alla musica di Rossini apportare grandezza e nobiltà, innalzando al ruolo di protagonisti assoluti due soggetti in grado di conferire respiro universale al dramma: la Natura, qui risplendente di vita e di colori, e il Popolo, chiamato costantemente in causa con azioni corali di insolita densità. La conquista della libertà è qui merito di un popolo che sa trarre dalla madre terra la forza per lottare e vincere. L’emozionante finale musicale dell’opera prefigura profeticamente un mondo migliore, rivolgendosi direttamente alle nuove generazioni, finalmente in grado di comprendere la grandezza del messaggio.
Alberto Zedda