L’esecuzione concertante del Barbiere di Siviglia di questa sera approfondisce e completa le tematiche affrontate nell’incontro di presentazione della nuova Edizione critica di quest’opera recentemente pubblicata dalla Fondazione Rossini e da Casa Ricordi.
Curatore dell’Edizione (il sottoscritto Alberto Zedda) è lo stesso musicologo che aveva firmato quarant’anni addietro la storica versione presentata alla Scala da Claudio Abbado, accolta da un consenso tale da divenire un riferimento quo ante di quella Rossini Renaissance che ha rivoluzionato l’immagine del grande Pesarese e ha fatto riemergere l’intero suo lascito teatrale.
Quelle rappresentazioni e quell’Edizione critica, la prima in assoluto di un’opera del grande repertorio lirico italiano, hanno fortemente influenzato gli orientamenti interpretativi vigenti, non solo per quanto riguarda il rispetto di parametri filologici e musicologici atti ad assicurare all’opera d’arte un approccio rigoroso e rispettoso della volontà del compositore, ma anche per il recupero di prassi esecutive, in particolare quelle riguardanti la vocalità, indispensabili per una corretta restituzione del messaggio e per una sua congrua valutazione.
Come la precedente, anche l’attuale Edizione critica accoglie l’innovativa metodologia, fatta propria dalla Fondazione Rossini per la pubblicazione dell’Opera Omnia rossiniana, basata sull’estensione automatica (senza obbligo di ricorrere a particolari artifici distintivi: parentesi quadre o tonde, legature punteggiate o tratteggiate, caratteri tipografici differenziati) di simboli e prescrizioni che sono la certa e sottintesa ripetizione di quelli esemplificati dal compositore, limitando l’uso degli artifici grafici distintivi ai soli casi dove fosse ipotizzabile un dubbio da sciogliere o una soluzione alternativa da considerare. Questo comportamento editoriale libera la pagina stampata da un enorme sovraccarico di segni inutili, nel contempo consentendo migliore evidenza alle aggiunte editoriali che comportano davvero decisioni di responsabilità.
La nuova Edizione raccoglie quarant’anni di studio e ricerca, di confronti e discussioni come componente del primo Comitato editoriale della Fondazione e curatore di varie partiture rossiniane e cinquant’anni di esperienze professionali come direttore e concertatore del Barbiere di Siviglia in ogni parte del mondo, avendo modo di verificare la validità delle scelte musicologiche nel confronto diretto con esecutori e interpreti. L’apparato critico e documentale che accompagna la partitura d’orchestra risulta profondamente rinnovato rispetto a quello della precedente Edizione; in Appendice sono raccolti tutti i brani autentici, cioè composti dallo stesso Rossini o introdotti col suo esplicito consenso, entrati a far parte della tradizione esecutiva dell’opera, insieme alle cadenze e variazioni autografe sinora ritrovate. Vi si argomenta ancora di tradizioni e traduzioni, di strutture formali, di tagli e trasposizioni, di acuti e puntature, di gestualità, drammaturgia, messa in scena, insomma di quanto è utile conoscere per maturare una prassi esecutiva rispettosa della singolarità di Rossini.
La nuova Edizione emenda qualche errore della precedente e cambia talune scelte testuali che allora avevano tenuto conto di una tradizione antica e illustre, oggi ridimensionata dai recenti ritrovamenti. Il testo musicale non riserverà all’ascolto sorprese rilevanti, ma qualche dettaglio modifica sensibilmente alcuni passi celeberrimi.
È il caso delle ultime battute del movimento lento della Sinfonia che precede lo scoppio dell’Allegro. L’Edizione del 1969 aveva accolto un’alternanza di armonia maggiore-minore generatrice di una falsa relazione fra i sol bequadro di Viole e Violini primi e i sol diesis di Fagotti, Viole, Violoncelli e Contrabbassi, attestata da più fonti autorevoli. L’inusitato procedere di queste parti strumentali accentuava egregiamente l’effetto richiesto dalla concomitante prescrizione “morendo a poco a poco”. Un esame approfondito di quelle fonti, che ha chiarito la loro dipendenza da un unico modello, e il fatto che Rossini, riscrivendo questa stessa sinfonia per premetterla a Elisabetta regina d’Inghilterra, abbia evitato la falsa relazione in questione, ha indotto il curatore a cambiare idea.
Nelle prime battute dell’Introduzione Rossini, per mancanza di spazio, scrive la parte di Violoncelli e Contrabbassi su un solo pentagramma, invece dei due solitamente impiegati, incorrendo in inesattezze che hanno determinato un inusitato contrasto fra l’esposizione strumentale del tema d’avvio e la sua ripetizione all’entrata della voce. In particolare, i Contrabbassi figuravano all’ottava inferiore rispetto a quanto ora riportato dall’Edizione critica. Le note scritte da Rossini non erano eseguibili con gli strumenti del tempo, e l’esecutore le trasportava automaticamente all’ottava superiore, sicché la notazione impropria, puramente ipotetica, non cambiava il risultato dell’ascolto. Oggi i Contrabbassi a quattro e cinque corde possono eseguire il passo come scritto, sicché mantenendo la grafia dell’autografo le prime battute risulterebbero all’ottava inferiore della loro ripetizione, presunta identica. L’Edizione ha eguagliato i due passi, anche sopprimendo una dubbia indicazione di pizzicato.
La parte per la chitarra che accompagna la cavatina di sortita di Almaviva contiene accordi tecnicamente impossibili sia per lo strumento barocco sia per quello in uso oggigiorno ed è stata adeguatamente modificata.
Nella celeberrima Aria della calunnia è stato corretto un ben percepibile errore che si ritrova in tutte le edizioni pubblicate, incluse le più recenti. Il tema del Flauto che anticipa la melodia del canto “E il meschino calunniato” conclude la prima semifrase sul secondo tempo della battuta, non sul terzo come sempre si è ascoltato. L’errore di decifrazione è stato determinato da una correzione poco chiara di Rossini, intervenuto per modificare una prima stesura dove la frase presentava appunto la lezione tradizionalmente recepita, finalmente corretta dalla presente Edizione.
All’inizio del recitativo che segue l’Aria della calunnia, l’Edizione inserisce fra la seconda e la terza battuta un breve testo (aggiunto nell’autografo da mano ignota) che le fonti attestano cantato al battesimo dell’opera (Basilio: “Ah che ne dite?” Bartolo: “Eh sarà ver [ma diavolo! Una calunnia! È cosa che fa orrore. No, no, non voglio affatto e poi] si perde tempo, e qui stringe il bisogno!”) e provvede per esso una realizzazione musicale, mancante nel manoscritto.
Nell’elenco premesso alla prima battuta del Finale primo, sotto il nome di Rosina si legge quello di Lisa, presumibilmente una seconda fantesca di Don Bartolo, personaggio di cui si perdono presto le tracce. Il personaggio di Lisa è stato ignorato sin dalle prime rappresentazioni romane dell’opera e la sua parte sempre affidata a Berta, sorvolando sul fatto che Lisa canta in una tessitura da contralto, mentre Berta, che ha parte più acuta di quella di Rosina (di fatto Rossini la posiziona nel pentagramma superiore al suo), è destinata a un soprano. Tutte le edizioni a stampa assegnano a Berta le battute da Rossini destinate a Lisa. In quella recentemente pubblicata dalla Bärenreiter (“Opere di Gioachino Rossini”, collana diretta da Philip Gossett) il ruolo di Lisa non figura, perché la curatrice dell’edizione, Patricia Brauner, in dichiarata polemica con Zedda, definisce quello di Lisa “un falso problema” in quanto Rossini, riscrivendo un nuovo elenco prima della Stretta del Finale primo, avrebbe sovrapposto il nome di Berta a quello di Lisa, con ciò mostrando la volontà di avere un unico personaggio del quale avrebbe confuso il nome. Se le cose stessero davvero in questi termini, Brauner avrebbe probabilmente ragione: si dà il caso, però, che sotto il nome “Berta” non sta scritto “Lisa”, bensì “in C”, indicazione destinata alle Trombe (poi spostate nel pentagramma superiore per far posto a Berta) per avvertire del cambio di tonalità comportato dal nuovo episodio musicale. Ciò è facilmente verificabile, perché la Brauner, per rafforzare la sua tesi, non si perita di pubblicare con grande rilievo una riproduzione anastatica delle battute in questione, rendendo inopinatamente di pubblico dominio l’infortunio in cui è incorsa. L’Edizione critica ha l’obbligo di riprodurre fedelmente l’autografo e pertanto ha conservato la parte di Lisa che inequivocabilmente vi figura, senza tuttavia rinunciare a prospettare anche la possibile fusione dei ruoli Lisa-Berta attestata dalla tradizione.
All’inizio dell’Aria della lezione di Rosina, Rossini accenna qualche nota per uno strumento a tastiera che definisce Pian:Forte; la didascalia al Conte del libretto che accompagna il battesimo romano del Barbiererecita “siede al pianoforte, e Rosina canta accompagnata dal Conte. Bartolo siede e ascolta”. Sono indizi importanti per definire lo strumento a tastiera da impiegare per l’accompagnamento del recitativo rossiniano, almeno per quanto riguarda quest’opera.
L’autografo del Temporale accenna ripetutamente ad effetti rumoristici (Banda, Truono) senza arrivare a definirli compiutamente. Pur convinto della loro pertinenza, il curatore non ha osato suggerire una risposta concreta agli interrogativi lasciati in sospeso da Rossini.
La storia del “Recitativo strumentato e Aria Conte” posto a conclusione dell’opera chiarisce come l’originario progetto operistico concepito da Rossini col titolo Almaviva, o sia l’inutil precauzione, protagonista appunto il Conte d’Almaviva, sia diventato Il barbiere di Siviglia, protagonista Figaro. Questo lungo e difficile pezzo, concepito per marcare la presenza del grande Manuel García, primo interprete del ruolo, è stato presto soppresso (vuoi per i limiti tecnici degli interpreti succedutisi nelle tante riprese, vuoi per affrettare la felice conclusione dell’opera) oppure trasferito a Rosina, debitamente trasportato di tono. Nella realtà, il contagioso entusiasmo, l’irresistibile carica energetica sprigionati dal personaggio hanno subito spostato il baricentro dell’attenzione verso il suo simpatico factotum: che si canti o meno la grande aria finale di Almaviva, il vero protagonista dell’opera resta lui, Figaro. Fa dunque sorridere l’impegno di apprezzati musicologi volto a prospettare un Barbiere diverso all’ascolto, quando si esalti a dovere la preminenza del Conte d’Almaviva e si ridimensioni la figura di Figaro, che millanta imprese destinate a fallire senza l’intervento del Conte.
Ancora in quest’aria, l’Edizione per la prima volta corregge, nel passo virtuosistico di Almaviva delle battute 67 e 68, errori riportati da fonti e pubblicazioni d’ogni epoca, indotti da incompletezze dell’autografo nell’indicare le alterazioni di passaggio.
Alberto Zedda