Le vicende storiche de La gazza ladra

La gazza ladra, produzione di Sandro Sequi. ROF 1981

La prima dell’opera a Milano nel 1817

Con la prima rappresentazione della Gazza Ladra, la sera del 31 maggio 1817 al Teatro alla Scala di Milano, Rossini chiudeva un periodo tra i più intensi e felici della sua carriera. In meno di due anni egli aveva fornito al teatro musicale una serie ininterrotta di capolavori. Nell’ottobre 1815 l’Elisabetta, regina d’Inghilterra aveva inaugurato il suo soggiorno a Napoli come direttore dei teatri di una delle capitali della musica e del melodramma. Seguirono a dicembre Torvaldo e Dorliska e, dopo soli due mesi, Il barbiere di Siviglia, ambedue a Roma. Nel settembre fu la volta, a Napoli, della Gazzetta e in dicembre, ancora a Napoli, di Otello. In viaggio per Milano, Rossini si fermò a Roma per mettere in scena, nel gennaio 1817, La Cenerentola, ultima delle sue opere buffe italiane. Pochi compositori possono vantare un simile primato.

La Gazza Ladra rappresenta il culmine di questa attività creativa: essa precede un importante cambiamento nei rapporti di Rossini con i teatri italiani e mostra i segni di un profondo rinnovamento stilistico i cui sviluppi avrebbero avuto grande importanza nella storia dell’opera italiana. Benché direttore dei teatri napoletani già dal 1815, all’inizio egli non trascurò i contatti con le altre città. Dopo La Gazza Ladra preferì invece concentrare la sua attività a Napoli, dove poteva più agevolmente dar seguito all’accentuato interesse per l’opera seria che assorbì quasi esclusivamente la sua produzione di quegli anni.

La Gazza Ladra riassume perfettamente le caratteristiche drammatiche, formali e vocali che, almeno a partire dal Tancredi e dall’Italiana in Algeri, avevano costituito la costante del linguaggio di Rossini. Stilemi e convenzioni sono ormai utilizzati con totale padronanza e con i risultati più splendidi. Subito dopo a partire dall’Armida, nel novembre 1817, egli svilupperà quei procedimenti nuovi, arditi e sperimentali, già accennati in Gazza Ladra, soprattutto nella struttura dei grandi pezzi d’insieme e nella complessità dell’orchestrazione. Solo al termine del contratto con Napoli egli ritornerà alle strutture codificate fornendo colla sua ultima opera italiana, Semiramide, un grandioso esempio di restaurazione e una summa dei valori della intera tradizione precedente.

Il genere a cui appartiene La Gazza Ladra è quello “misto”. Si tratta infatti di un’opera semiseria che mescola elementi drammatici e buffi. Sviluppatasi a partire dalla metà del secolo XVIII con il gusto larmoyant fiorito specialmente in Francia nelle piéces à sauvetage, l’opera semiseria presentava all’epoca di Rossini convenzioni drammatiche esattamente definite: dramma a lieto fine dove l’innocente, ingiustamente condannata, veniva sottratta in extremis alla pena capitale, e il ribaldo persecutore umiliato. L’ambientazione mostrava costantemente un conflitto tra un mondo feudale di aristocratici e un mondo popolare, quasi sempre di contadini. Luoghi deputati erano la piazza del villaggio, con in vista il castello o il palazzo del nobile prepotente, e la prigione. Rossini aveva già scritto due opere di questo genere, accettandone lo schema drammatico elementare: L’Inganno felice e Torvaldo e Dorliska. Colla Gazza Ladra invece (e con la successiva Matilde di Shabran) anche i topoi del semiserio vennero amplificati. La fusione di elementi comici e popolareschi con quelli drammatici mostra ormai una netta prevalenza di questi ultimi, per cui l’opera raggiunge l’acme e il suo significato ultimo nella grande scena del giudizio e nella successiva marcia funebre prima dell’obbligatorio finale lieto belcantistico.

Come per la maggior parte delle opere italiane di Rossini, possiamo seguire in modo soltanto approssimativo la storia della creazione della Gazza Ladra. Dopo le prime rappresentazioni della Cenerentola a Roma, Rossini proseguì per Milano (fermandosi con ogni probabilità a Bologna per visitare i genitori) dove giunse nei primi giorni di marzo. Aveva presumibilmente già firmato il contratto con il Teatro alla Scala e deciso di dedicare più tempo del solito alla composizione della nuova opera per assicurarsi quel successo che i suoi ultimi lavori per Milano, Aureliano in Palmira e Il Turco in Italia, non avevano conosciuto.

Il 19 marzo informava la madre a Bologna con una lettera nella quale accennava a un poeta di “fresca data”: Giovanni Gherardini, da oltre un decennio personalità di rilievo nella vita culturale milanese (1.).

Nato a Milano il 27 maggio 1778, Gherardini si era laureato in medicina a Pavia, ma aveva preferito dedicarsi alle lettere, iniziando presto a scrivere versi. Nel 1806 succedette a Vincenzo Cuoco nella direzione del “Giornale Italiano”, gazzetta ufficiale del Regno Italico. Nel 1818 pubblicò un volume di Componimenti Drammatici comprendente tre melodrammi giocosi per musica (II naso in pericolo; É fatto il becco all’oca; II bacchettone) e una commedia in prosa (Ipocrisia e crudelità). La sua vasta attività letteraria comprende anche numerose traduzioni, edizioni di classici, opere didattiche. Ma soprattutto Gherardini acquistò notorietà come filologo, partecipando attivamente al dibattito sulla lingua e proponendo anche una riforma ortografica. Morì l’8 gennaio 1861.

Con una prima redazione del libretto della Gazza Ladra, intitolata Avviso ai giudici, Gherardini aveva partecipato al concorso per un premio che l’impresa dei RR. Teatri di Milano avrebbe assegnato all’autore di un dramma per musica. Tra i giudici vi era Vincenzo Monti che, in una lettera al Cav. Angelo Petracci (altro membro della commissione), ci ha lasciato un interessante giudizio sul lavoro. (2.)

Non sappiamo a chi sia stato dato il premio ma, secondo Radiciotti, il libretto di Gherardini era stato offerto a Fernando Paër, che l’aveva restituito senza metterlo in musica.

Il libretto de La Gazza Ladra era tratto dal dramma francese La pie voleuse, un “mélo-historique” (basato cioè su un fatto che si riteneva realmente accaduto) di T. Badouin D’Aubigny e Louis-Charles Caigniez, rappresento per la prima volta al Theatre de la Porte-St.-Martin di Parigi il 25 aprile 1815. Può essere interessante citare quanto riporta Stendhal nella sua Vie de Rossini, Chap. XXII. (3.)

Il dramma aveva avuto grande successo e, data l’attenzione che gli impresari e i librettisti italiani riservavano al teatro francese come fonte di soggetti, la sua scelta per un melodramma fu ben naturale. I cambiamenti operati nella riduzione indussero Gherardini ad apporre una specifica nota sul libretto originale. (4.)

Mancano notizie sul periodo nel quale Rossini compose e allestì l’opera. Non ci restano lettere né una documentazione sicura da altre fonti, fino alla sera della prima rappresentazione, il 31 maggio, con Rossini al cembalo, secondo l’uso dell’epoca, e cantanti di grande fama nei ruoli più importanti: Teresa Giorgi-Belloc (Ninetta), Savino Monelli (Giannetto), Filippo Galli (Fernando), Antonio Ambrosi (Gottardo) e Teresa Gallianis (Pippo).

Milano mostrò di aver compreso l’importanza del messaggio rossiniano e decretò al nuovo lavoro un successo concretizzatosi in ventisette repliche nonostante la stagione avanzata. Le recensioni della prima rappresentazione rendono bene il clima che circondò l’avvenimento. (5.)

Testo base della presente edizione critica è la versione originale milanese della Gazza Ladra. Il libretto stampato in quella occasione e l’autografo di Rossini concordano sulla struttura dell’opera e, sostanzialmente, sul dettato poetico. Dal libretto si desume che l’Aria di Lucia del secondo atto, con il recitativo che la precede, è stata aggiunta all’opera nel corso dell’allestimento: le sue parole figurano in appendice, inserite prima della conclusione della stampa. L’inclusione nel libretto attesta che il pezzo fu cantato nella rappresentazione milanese e dunque esso ha trovato posto nell’edizione. Subito dopo quella prima stagione, l’Aria di Lucia è stata sempre eliminata sicché non se ne trova cenno in altre rappresentazioni coeve. Rossini, come per altre opere, ebbe l’opportunità di rimettere in scena La Gazza Ladra, aggiungendo pezzi nuovi e adattandone la struttura alle diverse compagnie, sempre con grande fortuna.

La ripresa a Pesaro nel 1818

Il 25 aprile 1816 fu posta a Pesaro la prima pietra del nuovo teatro che doveva sostituire quello costruito nel Seicento, ormai fatiscente, I lavori procedettero con rapidità e già verso la fine del 1817 i promotori della ricostruzione, il Conte Giulio Perticari, noto letterato e genero di Vincenzo Monti, e il Mar-chese Antaldo Antaldi, Gonfaloniere di Pesaro, si erano rivolti al più illustre concittadino per incaricarlo di predisporre lo spettacolo d’apertura. ll 27 gennaio 1818, da Napoli dove si trovava per mettere in scena il Mosé in Egitto, Rossini, ancora indeciso sulla scelta del lavoro da rappresentare, scriveva ad Antaldi accennando ad una lettera smarrita (il che dimostra che la trattativa era già iniziata) ed esprimendo l’intenzione di portare a Pesaro due dei maggiori cantanti che collaboravano ai suoi allestimenti napoletani. (6.)

La risposta a questa lettera non deve essere stata soddisfacente, almeno per quanto riguarda la definizione della somma disponibile per la compagnia. Infatti il 10 marzo Rossini scrive ancora al Marchese Antaldi sollecitandolo in merito. (7.)

In luogo di una risposta precisa Rossini ottenne da Luigi Achilli, incaricato di condurre le trattative, l’accusa di “poltrone” e di “pigro”, alla quale replicò, il 26 marzo, comunicando che la Colbran e il Nozzari non erano ormai più disponibili, ma che avrebbe potuto avere il basso Remorini e il tenore Curioni, mentre per la prima donna era in contatto con varie cantanti, tra cui la Belloc prima interprete di Ninetta. In questa lettera vi è un primo accenno alla possibile scelta di un’opera semiseria, certamente La Gazza Ladra. (8.)

Alla fine di aprile la prima donna non era ancora scritturata, dal momento che Rossini, il 29, scriveva a Rosa Morandi, sua vecchia amica e protettrice degli esordi della carriera, sollecitandola a entrare a far parte della compagnia di Gazza Ladra, ormai definitivamente scelta. (9.)

La Morandi non poté o non volle accettare, ma Rossini, che doveva già essere in contatto con la celebre Giuseppina Ronzi, verso il 10 maggio poté egualmente annunziare a Giulio Perticari che la compagnia era completa.

Per nessun’altra rappresentazione autentica di opere di Rossini in Italia si hanno tante notizie sulla preparazione e l’allestimento come per quella di Pesaro. Rossini, oltre che dei cantanti, si occupò di tutti gli aspetti della rappresentazione: dalla scelta degli orchestrali a quella del pittore incaricato delle scene; dal vestiario al ballo che doveva accompagnare l’opera, e perfino dell’attrezzeria, ivi compresa una “finta gazza”. Da Bologna si tenne in contatto quasi giornaliero con Giulio Perticari, presidente del teatro di Pesaro: almeno sette lettere, scritte fra il 9 e 22 maggio, sono piene di notizie contrattuali e artistiche, giungendo sino a trattare dell’alloggio dei cantanti a Pesaro.

Il 9 o 10 maggio Rossini comunica a Giulio Perticari, Presidente del Teatro, che la compagnia è completata, che il basso Remorini porterà la partitura da Milano per iniziare le prove, e che comincia a cercare gli elementi d’orchestra. (10.)

La lettera del 12 maggio a Perticari viene inoltrata a mezzo di Lorenzo Panzieri, autore del Ballo che si darà assieme alla Gazza Ladra, Il ritorno d’Ulisse. Rossini informa di aver trattato alcuni elementi d’orchestra, di cui allega l’elenco, e chiede re-ferenze confidenziali sul primo violino, capo d’orchestra, Ludovico Gennari. Dato che il Gennari prese effettivamente parte alla rappresentazione dobbiamo supporre che Rossini sia stato rassicurato. A Perticari toccherà cercare altri professori d’orchestra locali per completare l’organico e procurare i coristi: dodici fra tenori e bassi. La richiesta, limitata alle sole voci maschili, fa pensare che Rossini, nelle recite di Pesaro, avesse rinunciato al coro misto. Nella lettera si precisa ancora che le prove al cembalo si terranno a Bologna sotto la sua guida. (11.)

Il 15 e 16 maggio due lettere, mandate tramite lo scenografo e il primo violino del Ballo, trattano ancora dei problemi orga-nizzativi. (12.)

In una lettera senza data, ma che sembra da collocarsi qui, Rossini si interessa dell’ordine da dare al Cartellone.

Nelle due ultime lettere Rossini annuncia che le prove proseguono bene e che ha combinato con altri professori d’orchestra. Si preoccupa poi dell’alloggio dei musicisti e conferma il suo prossimo arrivo. (13.)

L’impegnativo lavoro preparatorio si concluse con l’arrivo di Rossini a Pesaro intorno al 28. Da questo momento viene a mancare la preziosa documentazione epistolare. Una premessa dell’Impresario del Nuovo Teatro (o Teatro Nuovo, come si chiamerà l’antico Teatro del Sole di Pesaro) pubblicata sul libretto reca la data dell’8 giugno 1818, due giorni prima della rappresentazione, ed è indirizzata “A’ Signori Possessori de’ Palchi del Nuovo Teatro di Pesaro”. (14.)

Non abbiamo relazioni giornalistiche sulla prima rappresentazione, ma un appunto manoscritto del Conte Giulio Perticari, riportato da Romagnoli, conferma a posteriori il successo dell’opera che venne ripetuta per ventiquattro sere. (15.)

La premessa del Massei e la relazione del Perticari concordano nell’affermare che il dramma era stato per l’occasione “riformato, ed in più grave stile ridotto”, come scrive Massei, o recava musica “riformata, e accresciuta da lui (Rossini) medesimo” come asserisce un’altra nota del libretto originale.

Non esiste oggi una fonte autografa per i cambiamenti effettuati da Rossini, né una partitura che rispecchi l’opera così come fu rappresentata a Pesaro. Dal libretto stampato per l’occasione si può desumere che Rossini non scrisse effettivamente nuova musica, ma si limitò ad aggiustare qualche passaggio di pezzi trasposti da altre opere in aggiunta o sostituzione di quelli della versione originale. La rappresentazione di Pesaro è pertanto un esempio preclaro di quel tipo di riprese dove l’opera veniva riformata non per esigenze creative (come avvenne in altri casi), ma per compiacere la compagnia di canto e per adattarsi a situazioni contingenti. Significativo quanto scrisse Rossini il 20 maggio a Perticari parlando del basso Raniero Remorini, che doveva interpretare il ruolo di Fernando: Quest’ultimo mi ha fatto passare tre giorni Infernali. Oh che guaio!

Egli si riferiva forse alle insistenti pretese del Remorini di avere una seconda aria nell’ opera, che ottenne.

I cambiamenti apportati a Pesaro, possono essere così riassunti:

1. Prima del Duetto Ninetta-Fernando fu aggiunta una Cavatina per Fernando, “Dunque invano i perigli e la morte”, inserita nel corso del Recitativo alla conclusione della Scena V. Si tratta della sortita del Duca d’Ordow nell’Introduzione del Torvaldo e Dorliska, alla quale sono state modificate le parole e aggiunta una coda cadenzante di dieci battute. La musica si adatta senza sforzo alla nuova situazione scenica e costituisce una efficace presentazione per Fernando, tanto che l’aria fu sovente ripresa in rappresentazioni successive della Gazza Ladra, come documentano vari libretti. Remorini aveva partecipato, nel ruolo minore di Giorgio, alla prima romana del Torvaldo, e può essere stato lui a suggerire a Rossini l’inserimento di questo pezzo.

2. Il Brindisi fu tagliato, ma in compenso una Scena ed Aria per Pippo fu introdotta dopo il Terzetto. Si tratta dell’Aria “Quel dirmi, oh Dio! non t’amo”, ripresa dalla Pietra del paragone, la prima opera che Rossini aveva scritto per il Teatro alla Scala nel 1812. Di questa versione dell’Aria, probabilmente identica all’originale, non è stata rintracciata alcuna fonte musicale.

3. Il Duetto che apre il secondo atto, “Forse un dì conoscerete”, fu sostituito da quello di Armida “Amor, possente nome” (una delle pagine più celebri di Rossini). Si conosce una sola fonte musicale della versione utilizzata nella Gazza Ladra, un estratto conservato a Bologna. La parte musicale non è cambiata, mentre il testo poetico ha subito leggere modifiche.

4. Fu tagliata l’Aria di Lucia, come sempre dopo la prima milanese.

Questa versione della Gazza Ladra riapparve una sola volta, a Lucca nell’autunno del 1818, nel Teatro Pantera, con un cast molto simile a quello di Pesaro.

 

(1) Scrivo l’opera che ha per titolo La gazza ladra. Il libretto è versificato da un poeta di fresca data ed in conseguenza mi fa impazzire: il soggetto, però, è bellissimo e spero (se piace a Dio) faremo un Fiasco Fotuto.

(2) Di casa, 8 maggio 1816. Ho letto e riletto l’Avviso ai giudici. Per la parte che al mio giudizio può appartenere, cioè condotta, stile e passione (corrette alcune negligenze facilissime ad emendarsi), io reputo che questo melodramma devva piacere ad ogni sensato lettore. L’azione è sviluppata con naturalezza e chiarezza. I caratteri ben lumeggiati e felicemente messi in contrasto. Piene di effetto le situazioni della virtuosa Ninetta, alla quale dà molto risalto il mal talento del ridicolo Podestà. Forse nel carattere di Giannetto sarebbe desiderarsi un poco più dl risoluzione e di impeto militare; ma forse ancora m’inganno, e la qualità del soggetto non lo comporta. Tutto, in somma, mi sembra ben concentrato e intrecciato, rimosso qualche languore, di cui sarebbe affar lungo il rendere ragione ne’ brevi confini d’un biglietto siccome questo.

Quanto all’effetto teatrale, e al numero e alla disposizione dei pezzi cantabili, e all’economia dei recitativi, tocca a voi e al signor Ricci, che ben intendete questa parte, il deciderlo. Ciò solo dirò, che il conciliare le pretensioni dei maestri di musica e gli abusi del moderno teatro colla ragione poetica, parmi divenuta una cosa impossibile, e del certo miracolosa. E andando innanzi di questo passo, i libretti drammatici si ridurranno ad un mostruoso coagulo di parole vuote di senso, e null’altro.

(3) Pour comble de disgrâce, il paraît que cette vilaine histoire est fondée sur la réalité; une pauvre servante fut dans le fait pendue jadis à Palaiseau, en mémoire de quoi l’on fonda une messe appelée la messe de la pie.

(4) Ne’ considerabili cambiamenti che si sono fatti all’orditura dl questo lavoro, non si è già presunto di migliorare l’originale francese, ma soltanto si è creduto di servir meglio per tal guisa all’effetto musicale, avuto pur riguardo agli attori componenti l’attuale compagnia.

(5) La Gazza Ladra forma oggi il più bel passatempo dei concorrenti al R. Teatro alla Scala.

Questo melodramma è uno de’ pochi che possono essere letti con piacere, si per l’intreccio ben condotto, che per ciò che concerne la proprietà della lingua e della poesia, e noi siamo d’avviso che esso sarebbe riuscito assai migliore se non avesse dovuto soggiacere all’inevitabile destino delle produzioni pei teatri d’Italia; come anche crediamo che l’elegante penna, che ad uso delle nostre scene con interessanti cambiamenti lo ridusse, potrebbe con esito felice crearne di nuovi e migliori. La poesia facilmente si presta alla musica, i caratteri de’ personaggi vi sono ben sostenuti e, grazie al cielo, non vi si trovano né quegli scipitissimi bon mots, né quelle triviali buffonerie che tanto vanno a genio agli ammiratori d’arlecchino e che si spesso deturpano le più belle e patetiche situazioni d’un dramma.

Perdoniamo volentieri a Rossini d’averci fatto desiderare un pò troppo questa sua produzione che forma le nostre delizie, e mostra che, non ostante la morte d’un Cimarosa, d’un Paisiello, d’un Guglielmi, d’un Vincenzo Martini, ec. ec., e la lontananza d’un Paër, la bella Italia può tuttora portare il vanto d’essere madre di Classici Maestri e mantenersi con ragione il primato nella bellissima fra le arti belle. La sinfonia è un epilogo dell’opera, e questa é un ben condotto sviluppamento di quella.

Peccherebbe forse la sinfonia in lunghezza, se una cosa che piace, che commuove, che elettrizza, dirsi lunga si potesse; e tanto essa è bella, che necessariamente l’introduzione, comeché buona, dee comparire di minor effetto, se pure ciò ascrivere non si voglia ad astuto divisamento del Maestro che seppe spargere così un non so che di chiaroscuro onde meglio risaltassero i pezzi più interessanti. Ci spiace assai che, volendo noi essere brevi, non ci sia permesso di tutte enumerare le bellezze di questo lavoro; ma ingiusti saremmo se fra i pezzi più squisiti non annoverassimo il superbo Terzetto e gran parte del primo Finale. Chi poi parlar volesse dell’atto secondo, correrebbe rischio di togliere anziché dar laude al Maestro; che tutto è grande, e mostra la cultura di spirito, lo studio indefesso delle opere de’ migliori maestri italiani ed il genio fecondo d’un professore uso fin de’ suoi primi anni (e non è egli già vecchio) a cogliere meritati allori: se poi fra le bellissime cose accennar non si volesse che la sublime, noi taceremo allora de’ bei Duetti e del Finale di quest’anno, e non noteremo che la Grande Scena della Sentenza che…; ma parli per noi la colta ed imparziale platea che ad una voce e per tutte le tre sere che il Maestro sedette al cembalo, lo chiamò sulle scene a ricevere i meritati applausi alla fine d’ambedue gli atti.

Somma lode si meritarono pure i principali attori per l’impegno con cui eseguirono le loro parti. La Belloc, Galli, Monelli, la Galliani, Ambrosi, Botticelli, si ne’ pezzi concertati che nelle arie loro, furono superiori a loro stessi, e meritatamente essi pure furono richiamati sulla scena dal comuni applausi alla fine d’ambedue gli atti. L’orchestra, diretta dall’egregio sig. Rolla, gareggiò nobilmente cogli attori nell’esecuzione d’una musica difficile e laboriosa. Il vestiario è semplice e villereccio, e le scene assai ben tratteggiate, della mano maestra del sig. Sanquirico. Ce ne rallegriamo colla impresa che al suo buon volere accoppia questa volta I pubblici voti.

(6) Napoli 27 del 1818

Di sollecito riscontro al di Lei pregiatis.mo foglio uff.le del 15 p.to mi riesce primieramente di somma sorpresa il vederla priva di mia risposta datale da Roma, la di cui mia asserzione spero che servirà per giustificarmi presso di Lei, e per non passare sotto il titolo di poco premuroso, ed incivile, ora che la sud.ta mia si è smarrita aggiungerò al suo contenuto quanto segue. lo sto trattando per codesta Apertura i due valenti Soggetti Signora Isabella Colbran ed Il primo Tenore Sig. Andrea Nozzari. Questi che formano ora la delizia di Napoli, non mi ricuserebbero dl portarsi costì meco, ma per averli, Ella vede bene che fa d’uopo di qualche sacrificio, di modo chè la supplico a rispondermi subito quale sarebbe la somma maggiore, cui potrebbe arrivare l’Impresa e così io posso, e cercherò tutti i mezzi di scritturarli. Pel terzo Soggetto, anche a questo ho pensato per cui non mi fa di bisogno che la di lei risposta precisa, e definitiva. In attenzione adunque de’ suoi pregiati caratteri, le attesto di bel nuovo li mio desiderio che nutro per impiegare i miei scarsi talenti al servizio della mia Patria, al quale non mancherò certamente mandare una mia Opera. Sono con considerazione di Lei Sig. Gonfalonieri Obbl. Devotiss. Servidore

Gioacchino Rossini

(7) Napoli ti 10 marzo (1818)

Essendo Io amalato non posso a lungo dettagliare quanto abisognerebbe sul nostro proposito. Le ripeterò che Madama Colbran, e il Sig.r Nozzari non si sono ancora impegnati per altri Teatri per che aspettavano che V.S. mi dicesse al più la somma che per loro sarebbe stata disponibile. La di lei Gentilissima risposta nulla decide su questo interessante punto ed’lo non posso mandarle le loro pretese perchè Grandi sarebbero per il Loro merito, e non uniformi alle forze dell’Impresa. Se Lei non mi dice a posta Corrente il tutto perderemo questi Soggetti i quali non si possono rimpiazzare. Se si possono avere I Signori Barbaja, Donzelli, Ballerini, Cantanti… Ho l’onore di dirmi di Lei d.°

G. Rossini

(8) Napoli li 26 m(arzo) 1818

La Convulsione in cui si ritrova la Patria, gli epiteti di Poltrone, e di Pigro che lei gentilmente mi accorda, non saranno mai i mezzi necessari e per completare una compagnia. Ho scritto al Sig. Antaldi, e l’ho pregato dirmi qual’era la somma sulla quale io potevo contare per prender le necessarie misure: esso mi rispuose una gentile sì ma inconcludente lettera per cui nulla ho potuto conchiudere. Io non Posso Pretendere che i Cantanti siano a mia disposizione sei mesi per la pazienza di Cantare in un paese dove Possan pagare ben poco. Io ho barchegiati questi Sig.i Ma il Nozzari Tenore è scritturato per Napoli e Mad. Colbran non può stare Più a Mia disposizione. Il Basso Remorini che lei avrà sentito a Roma è a mia disposizione e l’ho ridotto a tre cento scudi di Paga. Il Sig.r Curioni Tenore, vuol Quattro Cento Scudi questo si ritrova a Milano. Intanto io consiglierei mandare a Milano le scritture ai sud. Curioni e non lasciarselo scappare essendo questo nella scarsezza in cui siamo uno dei buoni Tenori: Le scritture di Remorini bisognerebbe che le mandassero a Bologna dirette a mio Padre perché gliele consegnasse al suo passaggio come siamo rimasti intesi. lo sto trattando la Sciabran la Mombelli la Beloc e quanto Prima avrò le decisive risposte avute che le avrò mi farò un dovere di Prevenire il S.r Antaldi del Tutto. Io sarei di Parere di dare Una Opera Semiseria che io potrei con facilità porre in Scena nel Caso poi si Volesse l’Opera Seria si Continuerà alla meglio. Lei facci presente tutto ciò al sig. di Pesaro e le dica che per scritturare Cantanti ci vogliono le Scritture, e la somma disponibile. Suo S.

G. Rossini

(9) Bologna li 29 aprile (1818)

Sono otto giorni ch’io vi scrissi una Lettera, e in questa vi proponeva di voler onorare la mia patria (che è Pesaro) colla vostra persona e voler colla voce animare una mia Opera (La Gazza Ladra) che anderà in iscena Il 20 circa di maggio: ma bisogna dire che sia questa stata smarrita perché vi conosco troppo gentile per non fare simili mancanze. Ora dunque se voleste fare tale campagnata vi pregherei darmi un grazioso riscontro significandomi le vostre pretese, e convenienze che io farei eseguire alli Sig. Pesaresi con tutta la Sodisfazione.

Gioacchino Rossini

(10)

Ecco completata la compagnia, non manca che la loro approvazione per difinire questo dificile affare che deve assolutamente aver Luogo entro il corente mese, il mese di giugno e aver termine il 10 o dodici di luglio avendo molti personaggi scrittura in quell’epoca. Remorini che è a Milano si è già (dietro mio ordine) posto in Viaggio, e sarà costì fra tre Giorni e seco Porterà lo Spartito della Gazza Ladra. ll Tenore Gurioni, è qui arrivato Ieri. La Prima Donna Ronzi si è messa in viaggio ed’arriverà costì in due giorni; ella ha un Marito che canta, e siccome la Gazza Ladra fu scritta per tre primi Buffi potrei con una piccola paga indurlo a prestarsi, e così avere Oltre Remorini, e Cavara un’Altro Primo Buffo. Avremo in oltre una Prima Donna che rappresenta un carattere da uomo e così cantare de’ duetti a due voci bianche come si usa in Opera Seria. In Così breve tempo non potevamo essere più fortunati poiche abbiamo combinata una eccelente compagnia, e la più adatta alla musica ed’ai caratteri che avranno a rappresentare. Qui aclusa troverà La Nota delle Scene, tanto dell’opera che del Ballo. Panzieri propone un bravo Pittore che è a Brescia, nel caso che loro non ne avessero La Prego darmi La facoltà di Scriturarlo. Si desidera sapere se il Machinista sia capace, e abile. II Sig. Panzieri assicura non essere stato dato il suo ballo, ne ad’Ancona ne a Sinigaglia ma si propone nel caso che a loro piacesse dare il Balduino, Bel Ballo e che lo ho veduto a Venezia. Raduni adunque i socj e mi dij La assoluta facoltà di far le Scritture che quanto prima io a Bologna Principierò Le prove dell’Opera, e Panzieri si Porterà a Pesaro per Principiar quelle del Ballo. lo Sarei di Parere di Non Promettere al pubblico che 24 recite. per ogni disgrazia potesse succedere, ma ho già fatto i mie(i) calcoli che se ne potranno dare trenta comodamente.

Gioacchino Rossini

(11)

Il Sig.r Panzieri sarà porgitore di questa mia che si porta costi per dar principio alle prove, avendo di già scriturati i primi Balerini; o tutto il corpo di Ballo; prego dunque V.S. di accoglierlo colla sua solita gentilezza ed’ assisterlo in tutto ciò che gli può occorrere. E Stato impossibile ribassare sul suo contratto un solo scudo essendo tanto limitato che crudeltà sarebbe stato il parlargliene ancora: egli però mi ha Promesso (oltre L’obligo della sua scrittura) Dirigerà tutto, e farà le Funzioni del’Impresario, mi metterà in Scena le comparse, cori etc.; nell’Opera; in fine farà più parti in comedia ed’è un uomo attivissimo, e pieno d’Inteligenza. Qui acluso troverà II disegno dell’orchestra; bisogna Avertire la persona che lo farà eseguire che lasci una sufficiente distanza da uno violino all’altro acciò possano a suo bel’aggio tirar l’arco. E ne’ Legii poi per dar Luce, non già Candele ma Chinché coperti di Seta Verde. Troverà anche aclusa La domanda del Pittore che è ragionevole dovendo egli portare con sé sei altri Pittori assistenti perché tutto sij fatto bene, e per l’epoca fissata. Mi figuro che pittori loro non abbino che in tal caso poi sarebbero preferiti. Il Sig. Berti e Bravissimo, e sarà il prescelto ci farà certamente fare un ottima figura. Abbi Lel La cura di scrivere (o far scrivere) in mio nome a tutti quei professori che m’indica nella sua lettera, e che si trovino in Pesaro e nelle vicinanze e scriturarli (ben inteso con prezzi ragionevoli) e fare che si ritrovino in Pesaro non più tardi dei Giorno 26 del corrente mese. lo già m’adoprerò per completare l’orchestra essendo questo un ramo che molto m’interessa. Ho già scritturato il Primo Violino de’ Balli e partirà al momento.

Ora in tutta confidenza dimando, non al Presidente Perticari ma al’amico Perticari se il Sig. Gennari sia veramente capace di fare il Primo Violino direttore d’Orchestra: facendole rifletere che la musica è spezzata e dificile, e che per una convenienza non vorrei che rovinassimo tutto: io non credo di offendere con questo mio dubbio li prelodato Gennari, ma intendo prevenire una cosa che porterebbe uno sconcerto grandissimo al mio scopo. Su questo interessante proposito mi dij schiarimento e non faccia come nelle passate Lette(re) che passò sotto silenzio L’affar del pittore che tanto le racomandavo, e questo ritardo fa si che II pittore essendo più ristretto il tempo ha maggiori pretese mi permetto darle questo piccolo rimprovero perché è tale l’Interesse ch’io metto In questo affare che vorrei pure che tutto andasse a seconda de’ miei desideri. Mi dica se in pesaro vi è persona Capace di suonare il tamburo, e se conosce La musica! Se si trova il capace bisogna anche scriturarlo.

Gioacchino Rossini

(12)

Bologna li 13 Maggio (1818)

Le sarà consegnata questa mia dal Sig.r Mauro Berti che al momento parte co’ suoi compagni per esaurire il suo contratto: non glielo racomando perche e loro progetto proteggere è sostenere tutte quelle person(e) che per essi cooperano. E necessario una Finta Gazza che bisogna farne una machinetta li Sig.r Berti graziosamente si è obligato assistere e dirigere su tal proposito il Machinista. La prego far premura per L’Orchestra, io ho già fatta la scrittura al Sig.r Righi primo Violino de’ Balli ma non sarà in pesaro che lunedi sera, intanto il Sig. Panzieri per non perdere tempo potrebbe, aprofittare di qualche altro suonatore di pesaro per non perder tempo. Mi dica se si trovano i Coristi, oggetto interessantissimo, e che le racomando. Mille doveri si compiacia fare da parte mia a suoi compagni non meno che alla sua Sig.ra Sposa che tanto desidero conoscere, e pieno di stima mi dico di lei Dev.mo e Obbl.mo Ser.re

Gioacchino Rossini

Bologna li 16 maggio (1818)

Le sarà consegnata questa mia dal fido Righi Primo Violino de’ Balli il quale come vedrà ha L’Alloggio poiche non ha voluto deviare de questa pretensione La prego adunque dare immediatamente le disposizioni per contenere questo bravo professore. L’avverto che L’Alloggio deve essere composto di una Camere contenente un letto di due persone ed’ una cucinetta per fare il mangiare. Caro mio buon amico in quanti imbarazzi mi ritrovo! spero però dl sortirne con onore e provare a Lei ed’a suoi Soci (che prego riverire) che sono a tutta prova.

Rossini

P.S. Circa poi alla gentile offerta che mi fa della sua Casa se dovessi sentire il mio cuore L’abbraccierei con trasporto ma La discretezza e la ragione non mi permettono assolutamente ch’io Le rechi tal disturbo.

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Bologna li 20 Maggio (1818)

Le nostre Prove sono principiate e mi permetto dire che tutto anderà a Seconda de’ comuni desideri, cioè bene. Sabato spedisco le Parti de’ Coristi che prego far diramare a que’ Cani per poter al mio arrivo (che sarà circa il 28 del corrente) unirli col cantanti. e lei dice bene, costerebbero assai di più scritturandoli costì: bramerei sapere se fra i coristi vi fosse un capace di fare una piccola Particina: in Caso diverso si lasci una piazza vacante che troverò io costì l’adatto.

Si scritturi li Sig. Amadio d’Ancona io ne ho scritturato un Secondo ecellente, e si scritturi ancora 11 Sig. Amico Vitali Corno, ed il Sig. Benvenuto Vitali Tromba. Io ho la seconda tromba: mi pare che costì si ritrovi il Sig. Bruscolini secondo corno se è Capace Io scritturi pure. Avrò un Eccelente Flauto Primo se ve ne fosse uno Secondo discreto anche Io scritturi.

Se l’Indicato Celli fosse bravo si scritturi io son contento e del Primo e Secondo Oboè.

Trovo più ragionevole la domanda del Gennari e questo (come spero essere un sogeto Idoneo) da una prova bela di equità. I miei guai sono tali, e tanti che non si posson scrivere; al mio arrivo potrò verbalmente farle il racconto e farò come colui che piange e dice (Dante: Nella Francesca di Rimini). E’ Impossibile negar L’Allogio a Certi soggetti per Esempio La Prima Donna, Il Tenore hanno l’Allogio, e bisogna prepararglielo Lo ha pure il Sig. Remorini quest’ultimi mi ha fatto passare tre giorni Infernali Oh che guaio. Che fa il buon Ferri? si ricorda di me? fa il galante lo saluti caramente. La prego deporre ai piedi della sua Sposa la profonda serie de’ miei rispetti e credermi di lel

Obbl.mo Dev.mo Servid.re

Gioacchino Rossini

Bologna Ii 22 maggio (1818).

Le sarà questa mia consegnata dalli Sig.ri Sarti Contrabasso e Campagna Violoncello. Come ben scrissi nell’ultima mia le ho accordato Alloggio cioè una Camera contenente un Letto per due persone; oppure due Canapè. Siamo Pure convenuti di Pagarle il viaggio e questo convenuto in tredici scudi da Ferrara a Pesaro per entrambi. Glieli raccomando perché sono due bravi, e buoni Giovani. Stiamo tutto Il giorno in prove e le cose si dispongono bene. Nel caso che abisognasse loro del Denaro gliene dij pure perche garantisco io per loro. Mille Rispetti alla Sua Sposa ed’anche Alli Machirelli, Antaldi, Bonamini, Ferri, e mi creda il Suo

Dev. Ser.e

G. Rossini

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Il primo dramma che si canti nel teatro da voi fondato, a voi soli devesi intitolare. A voi che ben meritaste della patria, aggiungendole il decoro di un così splendido e solenne edificio. Ne’ miglior pubblico segno di riconoscenza potevasi tributarvi. Perché questo dramma fu posto in musica, ed ora è riformato, ed in più grave stile ridotto dall’Immortale Gioacchino Rossini, onore e lume non solo di Pesaro, ma dell’Italia. Il quale in giovine età ha riempiuta l’Europa della sua fama: e fatto illustre il nome della comune patria presso i lontani. E per mostrare che l’amore del loco natio è cosa sempre sacra negli animi più gentili, egli è venuto spontaneamente fra voi a farvi conoscere l’eccellenza della divina sua arte.

L’azione è di quel nuovo genere a noi venuto dalle scuole inglesi, e tedesche, che i moderni chiamano drammatico: il quale unisce alla soavità, e al riso del giocondo stile, i severi affetti e le lagrime del terribile. Ne certo può immaginarsi più acerbo caso di quello di una cara ed innocente fanciulla, che per lo amore del padre suo è miseramente condannata a morire. Onde queste dolenti parole sono ajutate da’ suoni e da’ canti così teneri e lamentosi, che quando Ii sentirete nell’anima, direte come iI dramma urbano può talora vincere l’effetto dell’eroico: il quale è sovente lontano dall’intelletto di molti, e dal costume di tutti.

Accogliete il nobile dono con lieto viso: e state sani.

Pesaro 8 Giugno 1818.

L’Impresario

Giovanni Mastici

(15) Nel mercoledì dieci giugno 1818 è stato aperto il nuovo teatro di Pesaro che deve assolutamente riporsi tra i più eleganti e perfetti teatri d’Italia. Il celeberrimo maestro Rossini ha dato In quest’occasione un attestato d’amore alla patria. Egli ha dato la sua opera fortunatissima della Gazza ladra, la quale ha riformato e ampliata e diretta egli medesimo, Ne’ l’esito potva essere più felice… I plausi degli spettatori hanno confermato l’eccellenza della musica, in modo che il buon Rossini è stato ricondotto dal popolo alla sua casa come in trionfo.

Alberto Zedda

 In programma di sala ROF 1981

© Zedda-Vázquez