Il Festival del 2002 propone, nel breve volgere di due settimane, una riflessione su quel genere comico che molti ancora considerano il più congeniale alla creatività di Rossini. La contrapposizione diretta di quattro opere giocose del pesarese con le farse di Giuseppe Mosca e Pietro Generali consente poi di misurare la distanza che corre fra la novità dirompente del messaggio rossiniano e il lascito della tradizione che lo precede e lo affianca.
Il percorso seguito dal Rossini Opera Festival parte da L’equivoco stravagante, la prima opera comica di lunga durata (goliardica cavalcata al confine del licenzioso, presto tolta di scena dalla censura), e continua con La pietra del paragone (brillante riepilogo di temi e situazioni cari all’opera buffa italiana) per inoltrarsi, col Turco in Italia, nel terreno fertile e pericoloso della commedia di carattere e approdare, col Viaggio a Reims (capolavoro di ambigua ironia) a una emblematica satira di costume mescolata al divertimento della trasgressione intelligente.
Con L’equivoco stravagante Rossini già mostra l’insofferenza a contenere nei ristretti confini dell’atto unico l’inedito compito conferito all’opera buffa di raccontare il dramma del vivere con la levità del sorriso. Anche se dilatato nei due atti tradizionali, il contenuto musicale ricalca ancora quello futile e disimpegnato della farsa giocosa, con personaggi e situazioni situati nell’astrazione assoluta, lontani dal respiro della normalità. Vince anche qui una fantasmagoria di virtuosismi vocali, di ritmi e timbri di graffiante incisività, di concertati indiavolati e sapienti, che animano un testo gravido di doppi sensi e di situazioni piccanti, esposti con apprezzabile tatto e gusto letterario.
È con La pietra del paragone, impegnativa commissione della Scala, che Rossini abbandona il “comique absolu” della farsa per inoltrarsi nel “comique significatif” della commedia di carattere, ricercando un punto di fusione fra comico e serio tanto col melodramma semiserio propriamente detto, dove i due generi convivono ciascuno per suo conto (La gazza ladra), quanto coi capolavori giocosi della stagione romana (Barbiere, Cenerentola) dove buffo, comico, larmoyant, serio, tragico si fondono in perfetta armonia determinando una inattesa cifra unitaria di straordinaria seduzione.
Punto nodale, crocevia della svolta, è però Il Turco in Italia, la prima autentica commedia musicale con risvolti borghesi che rimandano a Hoffmann e Feydeau. La commedia ha il compito di mediare fra gli opposti estremi della farsa e della tragedia. Quando l’opera comica ripudia il bozzetto per la storia, quando i personaggi sostituiscono il gesto all’automatismo del tic, quando il volto assume i lineamenti del dolore e della gioia rifiutando il ghigno della maschera e l’individuo esce dall’inganno del travestimento per ritrovare la dimensione della realtà, il traguardo si fa sfuggente.
Don Geronio non è Taddeo né il solito marito cornuto: il suo stupore nell’apprendere il tradimento della moglie non certifica la becera credulità del babbeo, ma la disarmata buonafede dell’onesto innamorato, capace di suscitare rispetto prima ancora che rimorso e condurre al ravvedimento. Fiorilla non ha l’iperbolica femminilità di Isabella, in grado di infrangere con leggerezza ogni legge morale, così come Selim non ha la gargantuesca estroversione di Mustafà. Il loro gioco erotico si svolge titubante fra sogno e realtà, in una patetica ricerca di altrove e di diverso. Zaida, la moglie ripudiata, Narciso, l’amante-oggetto e Prosdocimo, l’impotente creatore di una vicenda che si materializza in anticipo sull’immaginazione del poeta, sono cornice di una partita a tre che affronta, sotto apparenze disimpegnate, appuntamenti fatali.
Alla fine dell’esperienza creativa, tentato di aprire col Guillaume Tell una finestra abbagliante sul nuovo che lo assedia, Rossini sente che l’inoltrarsi nel terreno del realismo potrà condurlo a tradire la specificità astratta e idealizzante della sua arte e nuovamente cerca rifugio nel genere comico, che meglio si sottrae ai condizionamenti del sentimento. Lo farà, col Viaggio a Reims (e Le comte Ory), ritrovando il gusto per un “comique absolu” antico e moderno che lascia spazio al nonsense e alla follia, gli attributi che rendono atemporale e non catalogabile la sua musica.
Anche quest’anno al Rossini Opera Festival sono presenti molti cantanti giovani non specificamente votati al repertorio belcantistico, nella convinzione che più artisti affrontano le opere di Rossini, sottoponendosi alla forte disciplina che impone la loro vocalità, più si diffonderà la conoscenza di questo anomalo ed elitario compositore e si affileranno le armi della tecnica e dello stile per interpretarlo.
Protagonista de La pietra del paragone, presentata nella nuova edizione critica della Fondazione Rossini curata da Anders Wiklund e Patricia B. Brauner, sarà Carmen Oprisanu, cui tocca il compito di affrontare la difficile tessitura di un ruolo contraltile creato per Maria Marcolini. Guidati dal talento di Pier Luigi Pizzi, autore anche di scene e costumi, e dalla bacchetta di Carlo Rizzi, completeranno il cast Patrizia Biccirè, Sonia Prina, Marco Vinco, Raul Gimenez, Pietro Spagnoli, Bruno De Simone, Dariusz Machej.
Nell’Equivoco stravagante, altra nuova edizione critica della Fondazione curata da Marco Beghelli e Stefano Piana, che inaugura la serie di partiture tratte da fonti non autografe, accanto alla familiare presenza di Bruno Praticò, Antonino Siragusa e Lorenzo Regazzo debuttano a Pesaro Silvia Tro Santafè, una rara voce grave impegnata a sostenere un altro problematico ruolo composto per la Marcolini dove si ritrovano pagine derivate tout court da quello della Contessa Clara della Pietra di paragone, Natalia Gavrilan e Stefano Ferrari.
L’equivoco stravagante si avvarrà della scenografia di Francesco Calcagnini, i costumi di Pepa Ojanguren, la direzione di Donato Renzetti, gradito ritorno di un interprete che ha contribuito alla crescita del Rossini Opera Festival, e la regia di Emilio Sagi, autore della messa in scena del Viaggio a Reims che ha entusiasmato il pubblico lo scorso anno e che verrà ripresa nel 2002, ancora con un gruppo di giovani che proseguono l’esperienza dell’Accademia Rossiniana nel contesto del Festival Giovane, diretti da un altro giovane italiano, Pietro Rizzo, ancor poco conosciuto nel suo Paese.
Lo spettacolo verrà coprodotto col Festival di Tenerife e nel dicembre 2002 inaugurerà il fantastico Auditorio di Santa Cruz costruito dall’architetto Santiago Calatrava, progettista del ponte che a Venezia unirà la stazione ferroviaria con Piazzale Roma.
Il Turco in Italia, opera che manca al Rossini Opera Festival da un ventennio, sarà diretta da Riccardo Frizza (il concertatore dell’apprezzato Stabat Mater dello scorso anno) e avrà la regia di Guido De Monticelli, le scene di Paolo Bregni e i costumi di Santuzza Calì. Lo interpreteranno altre presenze fresche al Rossini Opera Festival, anche se largamente conosciute: Patrizia Ciofi, Marisa Martins, Ildar Abdrazakov, Alessandro Corbelli, Matthew Polenzani, Roberto De Candia, Alessandro Codeluppi.
Il mondo delle Farse recupererà divertenti atti unici di due celebri colleghi di Rossini che con lui dividevano le scene dell’opera buffa: Pietro Generali, con Gl’inganni della somiglianza e Giuseppe Mosca, con I tre mariti. Canteranno i giovani talenti che l’anno scorso si sono imposti nei principali ruoli del Viaggio a Reims (Mariola Cantarero, Maria Motta, Giovanni Botta, Sorin Coliban, con Gianpiero Ruggeri e Marco De Felice), diretti da Paolo Arrivabeni (altro giovane che ha meritato i galloni di concertatore rossiniano) e aiutati per i movimenti di una versione semi-scenica da Francesco Esposito.
I complessi orchestrali e corali saranno gli stessi dello scorso anno: l’Orchestra del Festival, una formazione che fin dalla prima uscita ha ottenuto unanime consenso e che il Festival intende vieppiù valorizzare, eseguirà Il Turco in Italia, L’equivoco stravagante e le farse; l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, valoroso partner storico, interpreterà La pietra del paragone e Il viaggio a Reims; il Coro da Camera di Praga, altro compagno di viaggio di lunga data, canterà in tutte le produzioni.
Di contorno, i consueti concerti di Belcanto, le Serenate nella romantica cornice di Novilara, gli incontri coi musicologi della Fondazione Rossini e l’attesissimo appuntamento con Maurizio Pollini.
Alberto Zedda, direttore artistico del ROF