Concordi riflessioni maieutiche hanno convinto Gianfranco Mariotti e Alberto Zedda che Dario Fo dovesse essere il regista ideale per un’opera buffa di Rossini, inventore della folie organisé. Per verificare la congruità dell’assunto, i due compari sono andati ad Amsterdam per visionare un Barbiere di Siviglia messo in scena appunto da Fo, sua prima incursione in campo operistico (lo aveva preceduto, anni addietro, un geniale allestimento de L’histoire du soldat di Stravinskij alla Scala). Zedda e Mariotti ritornarono entusiasti dello spettacolo, rara interpretazione propriamente comica da capo a fondo, dove ogni riferimento alla commedia di carattere era sostituito da una poetica trovata di fantasia centrata sui singoli affetti evocati dalla musica, organizzati nella logica di una Commedia dell’Arte riportata al rigore di una genuina tradizione. L’humus rossiniano delle regie di Dario Fo ha trovato conferma nell’esito de La gazzetta, opera irrappresentabile senza sollecitare adeguatamente il testo dell’edizione critica, accolta senza riserve nella ripresa pesarese dello scorso anno al ROF e nella trasferta al Liceu di Barcellona.
Nacque, di conseguenza, il progetto de L’Italiana in Algeri rappresentata a Pesaro nel 1994. Lo spettacolo ebbe un rilevante successo, ma risultò un tanto debordante perché il palcoscenico del Teatro Rossini non era in grado di contenere fino in fondo le caleidoscopiche invenzioni di un Dario Fo scatenato. Il battesimo della nuova sede teatrale del ROF, di cui si parla nelle pagine precedenti, dotata di un palcoscenico pari a quello del vecchio e collaudato Palafestival, ha suggerito di riproporre questa produzione completamente ripensata e riallestita in rapporto al nuovo spazio, con tutti gli adeguamenti necessari a liberare la strepitosa verve dello spettacolo. Sarà l’occasione di ripresentare in ruoli di storica rilevanza Marianna Pizzolato, Marco Vinco e Alex Esposito, artisti che vanno rinvigorendo la grande tradizione italiana, insieme a Maxim Mironov, giovanissimo tenore russo (emerso l’anno scorso nel Viaggio a Reims interpretato dai giovani artisti dell’Accademia Rossiniana), nuovo talento atteso da una grande carriera. Bruno de Simone e il direttore d’orchestra, Donato Renzetti, apportano allo spettacolo il prestigio di una consacrata notorietà.
Torvaldo e Dorliska, per la prima volta nell’edizione critica della Fondazione Rossini, propone una collana di pagine musicali bellissime, fra le più importanti di un Rossini colto negli anni fertili della sua traiettoria compositiva, purtroppo collegate a un testo che racconta una vicenda di scarso interesse. Rossini sembra essersene reso conto, dato che, conscio del suo valore, non si peritò di riutilizzare in opere successive gran parte di quella musica. Anche in quest’opera, tuttavia, la dicotomia fra il valore del dettato letterario e quello musicale non impedisce a Rossini di creare un melodramma fascinoso dove la musica disegna un suo proprio percorso drammatico, autonomo rispetto alle vicende descritte dal libretto e dotato della forza narrativa sufficiente a suggerire all’ascoltatore una storia ben altrimenti significante. Soccorrerà in quest’avventura l’arte di interpreti laureati (Darina Takova, Michele Pertusi, Francesco Meli, Bruno Praticò, Jeannette Fischer, Simone Alberghini) guidati dalla bacchetta di Víctor Pablo Pérez, il raffinato concertatore dell’ultimo Tancredi, e animati dalla regia di Mario Martone, che insieme allo scenografo Sergio Tramonti e alla costumista Ursula Patzak si cimenteranno coi difficili equilibri dell’opera semiseria, già affrontata con esito trionfale in una recente ripresa della Matilde di Shabran.
Per la ricorrenza celebrativa della nascita di Mozart il Festival presenta in dittico le due opere prime di due ragazzi prodigio destinati a dominare il catalogo lirico con titoli leggendari. Die Schuldigkeit des ersten Gebots e La cambiale di matrimonio sono infatti i primi lavori vocali composti da Mozart e Rossini per essere rappresentati. Il dramma morale dell’undicenne Mozart, insieme ingenuo e austero, verrà presentato in una nuova produzione curata per regia, scene e costumi da Giovanni Agostinucci. Quanto al secondo elemento del dittico, la Cambiale rossiniana, verrà ripreso lo spettacolo di Luigi Squarzina del 1991 (con scene e costumi dello stesso Agostinucci), uno dei più ammirati della storia del Festival, ancora perfettamente attuale. Di particolare rilevanza è la presenza sul podio di Umberto Benedetti Michelangeli, direttore d’orchestra esigentissimo, che subordina a severa selezione le rare e apprezzate apparizioni. Accompagnano il suo debutto pesarese, accanto a freschi talenti come Désirée Rancatore e Corinna Mologni, per la prima volta a Pesaro, un gruppo di giovani vocalisti delle ultime leve, provenienti dall’esperienza didattica dell’Accademia del ROF.
L’opportunità di contare su artisti cari al pubblico del ROF, quali Patrizia Ciofi, Daniela Barcellona, José Manuel Zapata, Lorenzo Regazzo e Riccardo Frizza, ha indotto ad aggiungere alla programmazione, in forma concertante, una quarta opera, ancora non eseguita a Pesaro, Adelaide di Borgogna. Rossini riprende in quest’opera il filone apollineo di Tancredi, filone che aveva accantonato nella sperimentale fucina napoletana per abbandonarsi all’ebbrezza dionisiaca di nuove emozioni forti. Questo inatteso mutamento di rotta ha fatto pensare a molti dei suoi esegeti, compreso il biografo Radiciotti, che si trattasse di un’opera di retroguardia, di un rinunciatario ritorno al passato, quando l’ascolto renderà evidente la pregnanza di una vocalità calibrata e ricca di fresca ispirazione e la trasparenza di una trama drammatica nobile e intensa.
Era prevista, come di consueto, la produzione di un’opera di autore contemporaneo a Rossini: si trattava de Il dissoluto punito, di Ramón Carnicer, un sorprendente rossiniano doc che aveva utilizzato per la sua musica un testo ricavato pari pari dai libretti approntati da Bertati per Cazzaniga e da Da Ponte per Mozart per i rispettivi Don Giovanni. Nell’anno dedicato a Mozart, la scelta, effettuata in coproduzione con il Festival Mozart de La Coruña, aveva particolarmente senso. I tagli imposti dalle restrizioni economiche ministeriali hanno obbligato a rimandare ad altra occasione lo spettacolo, andato peraltro in scena regolarmente a La Coruña.
Non mancherà invece il tradizionale Viaggio a Reims, a coronamento del corso di perfezionamento dell’Accademia Rossiniana, divenuto ormai un certame di giovani talenti dal quale attingono largamente lo stesso ROF e molte istituzioni d’ogni paese che programmano opere di Rossini. Come non mancherà lo Stabat Mater, interpretato da Darina Takova, Anna Bonitatibus, Dmitry Korchak, Michele Pertusi e Alberto Zedda. Né mancheranno i popolari concerti di canto affidati quest’anno a Désirée Rancatore, Marianna Pizzolato e ai bassi Lorenzo Regazzo e Marco Vinco, invitati a rinnovare il confronto-scontro che l’anno passato animò il concerto de Simone-Praticò.
Oltre all’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, tradizionale partner del ROF che interpreterà L’Italiana in Algeri, Il viaggio a Reims e lo Stabat Mater, verrà a Pesaro per la prima volta l’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, una delle più interessanti formazioni orchestrali italiane, cui vengono affidate Torvaldo e Dorliska, Die Schuldigkeit des ersten Gebots e La cambiale di matrimonio. Il coro invitato sarà, come ormai da decenni, il Coro da Camera di Praga diretto da Lubomír Mátl. Nel concerto di Regazzo e Vinco parteciperà l’Orchestra Sinfonica G. Rossini di Pesaro, da tempo vincolata al ROF, cui sarebbe toccato eseguire l’opera di Carnicer sacrificata alle ragioni di malinteso risparmio con cui si penalizza sistematicamente la cultura.