Pressbook ROF 2010

Il rimaneggiamento della programmazione effettuato per rimodulare i costi in modo da contenere il preventivo di spesa nei limiti consentiti dai tagli alle sovvenzioni ha fatto sì che nella edizione 2010 convivano due novità assolute: Sigismondo, opera originariamente prevista per il 2009, e Demetrio e Polibio. Entrambe appartengono a quel gruppo di opere giovanili che il Rossini Opera Festival e la Fondazione Rossini avevano deciso di lasciare in coda al catalogo delle riscoperte, nella speranza che i rispettivi autografi, a tutt’oggi non ritrovati, potessero riapparire e quindi consentire una congrua elaborazione del testo critico. Entrambe costituiscono i primi esperimenti creativi di un compositore melodrammatico destinato a cambiare profondamente la storia del teatro lirico. Entrambi appartengono al genere “serio”, ribadendo una vocazione che i primi successi professionali, conseguiti con una serie di brillantissime opere giocose (le cinque farse veneziane, L’equivoco stravagante, L’Italiana in Algeri, Il Turco in Italia e La pietra del paragone) avevano posto in ombra. Non bastò la miracolosa parentesi di Tancredi, l’opera che meglio di qualsiasi altra sintetizza l’essenza del comporre rossiniano e la sua originale concezione drammaturgica, a preservarlo dall’immagine di autore nato per rinverdire le declinanti fortune dell’opera buffa italiana. Sotto questo aspetto è davvero una positiva coincidenza quella di poter ascoltare nello stesso momento due opere che aiutino a svelare l’essenza dell’unico compositore melodrammatico in grado di affiancare Mozart nell’ambita veste di grande autore drammatico. E sarà per molti una sorpresa scoprire in esse una matura leggerezza di scrittura scenica e musicale che contrasta con la generica densità dei soggetti e un melodizzare semplice e chiaro che libera gli affetti tradizionali dall’ipertrofia del pezzo chiuso, con l’ausilio di accompagnamenti misurati e incisivi. Come sorprendenti risulteranno certe impennate drammatiche affidate a un canto violentemente intervallato, quali si ritroveranno nelle grandi opere napoletane della maturità e tanti spunti musicali che si riascolteranno nei capolavori a venire.

Che il Demetrio e Polibio fosse nato come un affare di famiglia per fornire a ciascuno dei Mombelli un ruolo da interpretare negli spettacoli lirici da loro stessi organizzati (il padre Domenico tenore nobile, la madre Vincenzina seconda donna, la figlia maggiore Ester primadonna seria, l’altra figlia Marianna musico en travesti, il figlio Alessandro secondo tenore) non ha impedito nel 1812 a un Rossini ormai avviato alla celebrità di conseguire un chiaro successo al Teatro Valle di Roma, confermato in successive riprese.

Meno fortunato il Sigismondo, nonostante alberghi pagine di una profondità drammatica sconosciuta, anche a ragione di un soggetto incentrato su turbe e rimordimenti poco consoni all’ascolto disimpegnato del pubblico del tempo.

Il Sigismondo si avvale di un cast stellare di rossiniani doc, frequentatori abituali del Festival pesarese e beniamini del suo eletto pubblico, capitanati da due giovani che si sono affermati prepotentemente sulle scena internazionale: il direttore Michele Mariotti e il regista Damiano Michieletto, quest’ultimo affiancato dallo scenografo Paolo Fantin e dalla costumista Carla Teti. Michieletto (che ha già firmato a Pesaro spettacoli di successo: La gazza ladra, La scala di seta e la farsa Il trionfo delle belle), e Mariotti (il direttore italiano di ultima generazione più richiesto, divenuto direttore principale dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, la compagine che incarna l’orchestra storica del Festival), rinforzano l’ultima leva di interpreti rossiniani, insieme a Davide Livermore, regista di Demetrio e Polibio, per la prima volta a Pesaro, e a due direttori altre volte ripetutamente apprezzati: Corrado Rovaris (direttore musicale della Philadelphia Opera Company) e Yves Abel (direttore principale alla Deutsche Oper Berlin). Per la realizzazione di scene e costumi per il Demetrio e Polibio, il Rof ha stipulato un accordo di collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Urbino, col proposito di ampliare la politica di apertura a nuovi soggetti, già estesamente praticata con i talenti provenienti dall’Accademia Rossiniana, alcuni dei quali ricoprono ruoli di prima grandezza anche nelle opere di questa trentunesima edizione.

Ritorna, con un cast interamente rinnovato e ricco di primizie, l’applauditissima Cenerentola posta in scena da Luca Ronconi, una vetta della creatività rossiniana presentata in una esemplare lettura registica modellata sull’ambiguità di generi che mescolano inestricabilmente astrazione comica e realismo poetico, commozione sincera e favolistica eccentricità.

Le manifestazioni collaterali, quest’anno particolarmente ricche, prevedono, oltre ai Concerti di Belcanto, bagno di popolarità per i virtuosi del Festival, un concerto commemorativo dedicato al trecentesimo anniversario della nascita di Pergolesi nel corso del quale, oltre a cantate inedite presentate nella nuova edizione critica della Fondazione Pergolesi, verrà eseguito il suo celeberrimo Stabat Mater nella versione rimaneggiata da Paisiello, oggi pressoché sconosciuta.

Altri concerti riproporranno le popolari cantate La morte di Didone e Le nozze di Teti e di Peleo e, nell’ultimo concerto, l’incomparabile Stabat Mater rossiniano. Il Concerto Pergolesie le Cantate saranno diretti da due giovani direttori messisi in luce con brillanti esecuzioni del Viaggio a Reims a chiusura dei corsi di perfezionamento dell’Accademia Rossiniana: il tailandese Trisdee Na Patalung e il giapponese Ryuichiro Sonoda. Attestano la solida diffusione del verbo rossiniano anche in un lontano oriente che sta rapidamente guadagnando posizioni.

Il tradizionale Viaggio a Reims a chiusura dei corsi dell’Accademia Rossiniana, ancora nella divertente messa in scena di Emilio Sagi, sarà diretto da un giovanissimo concertatore italiano, Andrea Battistoni. Completerà il programma la seconda tornata dell’integrale dei Péchés de vieillesse curata dall’Ente Concerti di Pesaro in collaborazione con l’Accademia Musicale Napoletana.

L’orchestra ospite sarà, come sempre, quella del Teatro Comunale di Bologna, ma quest’anno il Festival presenterà anche una formazione di musicisti marchigiani, l’Orchestra Sinfonica Rossini, che affronterà il compito di restituire al meglio le difficili pagine del grande conterraneo. Due saranno anche le compagini corali impiegate: oltre al veterano Coro da Camera di Praga, diretto come sempre da Lubomír Mátl, ritornerà l’eccellente Coro del Teatro Comunale di Bologna col suo direttore, Paolo Vero.

   Alberto Zedda, direttore artistico del ROF

© Zedda-Vázquez