Pressbook ROF 2011

La XXXII edizione del Rossini Opera Festival si apre col nuovo allestimento di Adelaide di Borgogna, una delle pochissime partiture che ancora mancano per completare la messa in scena dell’immenso catalogo rossiniano. L’edizione critica che la contraddistingue, curata da Gabriele Gravagna e Alberto Zedda per la Fondazione Rossini, costituisce un sostanzioso passo avanti rispetto alla versione presentata in forma concertante al Rof qualche anno fa. Le ulteriori fonti acquisite hanno convinto, per esempio, a preferire una voce femminile en travesti per il ruolo di Iroldo, in luogo del tenore impiegato nella precedente occasione. L’opera, accolta allora con grandissimo gradimento, è modello emblematico di autentico rossinismo, incentrato su un canto limpido e ispirato cui è affidato il compito di sviluppare una teatralità lontana da ogni realismo, simile a quella diafana delle favole. Lungo l’intera partitura si avverte un sentore di antiche reminiscenze che ricorda il mondo cavalleresco evocato dagli aedi trovadorici, dove la grazia dell’amor cortese riscatta l’egoismo dei giochi di potere e l’elevatezza di sentimenti nobili attenua lo sgarbo delle corazze percosse. La poetica leggerezza del canto cosparge di luce soffusa anche l’inganno e il tradimento e rimanda alla meraviglia del giovanile Tancredi. Lo spettacolo pesarese, messo in scena da Pier’Alli sulla scia dei successi conseguiti a Roma col Moïse et Pharaon diretto da Riccardi Muti e a Valencia col Fidelio diretto da Zubin Metha, farà conoscere apprezzati artisti dell’ultima generazione per la prima volta al Rof: il direttore d’orchestra, Dmitri Jurowski, il soprano Jessica Pratt, il tenore Bogdan Mihai, oltre ai già noti Nicola Ulivieri, Jeannette Fischer, Francesca Pierpaoli e Clemente Antonio Daliotti che affiancheranno la grandissima Daniela Barcellona.

L’altro nuovo allestimento di questa edizione pesarese ripropone un capolavoro fra i più apprezzati, Mosè in Egitto, tanto caro a Rossini da indurlo a rielaborarne più volte il contenuto. Ne esistono quattro versioni: due riguardano la prima stesura napoletana, ripetuta a un anno di distanza con lo stesso titolo e pochi, significativi ritocchi (l’aggiunta della famosa Preghiera); due sono una radicale trasformazione della precedente: il Moïse et Pharaon approntato per la scena parigina de l’Académie Royale e la sua successiva traduzione in italiano effettuata da Calisto Basso col nuovo titolo di Mosè, versione che non incontrò il plauso di Rossini. Le differenze fra la lezione napoletana, prescelta per la ripresa di quest’anno, e quella francese sono cospicue. La prima, composta da un giovane Rossini all’apice della potenza creatrice, si distingue per l’asciuttezza di un discorso in equilibrio fra l’apollinea bellezza di una vocalità astrattamente belcantistica e l’urgenza dionisiaca di tensioni che anticipano le impennate del teatro dell’avvenire. Il virtuosismo artificiale non frena la grandiosità degli interventi carismatici di Mosè; né riduce la terribilità di eventi celesti quali quelli che si manifestano nella paradigmatica scena delle tenebreche apre l’opera o l’empito delle passioni quando potere e religione, lealtà e onore, ragion di stato e amore si scontrano crudelmente. Il rifacimento francese, teso a guadagnarsi il favore di un pubblico esigente e critico, dilata le dimensioni formali dello spettacolo e accoglie la consuetudine del balletto, secondando il nascente gusto per la grandeur che condurrà al delirio del Grand Opera. L’opera allarga il respiro dell’azione e acquista magniloquenza, ma perde la commozione dei sentimenti intimi e il fascino della semplicità: Mosè si erge possente a guidare in salvo il suo popolo, ma l’amore fra Anaï e Aménophis risulta straniato e spaesato rispetto a quello di Elcia e Osiride. Regista di questa azione tragico-sacra (indicazione escogitata dall’ipocrisia italica per consentire la rappresentazione di melodrammi in tempo di quaresima) sarà quello stesso Graham Vick che firmò la memorabile messa in scena al Rof del Moïse et Pharaon nel 1997. Egli dovrà vincere la sfida di inventare uno spettacolo che colga la profonda diversità di testi che pur presentano molte pagine comuni di partitura e di libretto. Lo asseconderà un cast di prima grandezza, dove i protagonisti principali – Mosè e Faraone (Riccardo Zanellato e Alex Esposito) Osiride e Aronne (Dmitry Korchak e Yijie Shi), Elcia e Amaltea (Sonia Ganassi e Marina Rebeka) hanno ruoli di pari impegno e consistenza. Rossini, infatti, sembra aver qui seguito le regole applicate all’oratorio vero e proprio, dove arie e duetti vengono distribuiti equamente fra gli attori principali, piuttosto che quelle dell’opera lirica, che riservano un trattamento privilegiato ai divi. Nel Mosè in Egitto la tipologia vocale delle due parti di soprano, come le due di tenore, non si distinguono fra loro né per difficoltà né per importanza e risultano praticamente intercambiabili. Solo la parte di Elcia accentua leggermente l’ambiguità di certi passi, incerti fra la tessitura del soprano e del mezzo soprano, come sempre avviene nei ruoli creati per Isabella Colbran, che il Rof tradizionalmente affida a mezzosoprani d’agilità o a soprani di natura ambivalente. Roberto Abbado, il carismatico direttore delle fortunate produzioni di Ermione e Zelmira, torna a Pesaro per guidarli al successo.

Seguirà una ripresa de La scala di seta, riproposta dopo una pausa di tempo insolitamente breve grazie alla felicità di uno spettacolo già considerato cult per i pregi della regia di Damiano Michieletto, la giovane star che al Rof ha affermato il suo talento. Ai suoi ordini una schiera di brillanti rossiniani, taluni debuttanti a Pesaro, come il soprano Hila Baggio (recentemente acclamata protagonista di una Fille du Régiment a Tel Aviv) e l’affermato tenore Juan Francisco Gatell (anche Almaviva nel Barbiere di Siviglia che concluderà il Festival), e altri abituali collaboratori del Festival come Paolo Bordogna (un Germano così straordinario da indurre a disattendere la regola di non reinvitare lo stesso artista per lo stesso ruolo), Simone Alberghini (gratificato da una difficilissima aria aggiunta per un Blansac di classe), Josè Maria Lo Monaco (bella e brava), John Zuckerman (solerte allievo dell’Accademia Rossiniana), che si uniscono allo scenografo e costumista Paolo Fantin (recente vincitore di un Premio Abbiati per le scene e i costumi del Sigismondo, la novità impattante della scorsa edizione). Dirigerà José Miguel Pérez-Sierra, che torna a Pesaro dopo il plauso conseguito con Il viaggio a Reims del 2006.

Al posto del consueto concerto sinfonico-corale viene programmata una esecuzione concertante del Barbiere di Siviglia, videotrasmessa in piazza, a coronamento di un convegno di presentazione della nuova edizione critica dell’opera a cura di Alberto Zedda, data alle stampe l’anno scorso dalla Fondazione Rossini e da Casa Ricordi. La nuova edizione viene a sostituire quella storica, ancora firmata da Zedda, che Claudio Abbado presentò nel 1969 alla Scala con esito trionfale, e raccoglie le esperienze maturate in quarant’anni di studio e ricerca, di confronti e discussioni, oltreché le verifiche sul campo derivate al curatore dall’aver diretto questa partitura in ogni parte del mondo. La nuova edizione emenda qualche errore della precedente e cambia talune scelte testuali, influenzate allora da una pratica in atto antica e illustre. L’opera verrà diretta da Alberto Zedda e cantata da Mario Cassi, Juan Francisco Gatell, Marianna Pizzolato, Nicola Alaimo, Nicola Ulivieri, Jeannette Fischer, Francesca Pierpaoli, Clemente Antonio Daliotti.

Completano il programma del Festival 2011 la tradizionale ripresa dell’allestimento di Emilio Sagi de Il viaggio a Reims, ripreso da Elisabetta Courir, diretto da una giovane musicista cinese, Yi-Chen Lin e interpretato dagli allievi finalisti dei corsi dell’Accademia Rossiniana; quattro Concerti di Belcanto affidati a Marianna Pizzolato, Dmitri Korchak, Nicola Alaimo – Mario Cassi, Marina Rebeka; la terza frazione dell’ambizioso progetto di recupero dell’intero corpus dei Péchés de vieillesse, in collaborazione con l’Ente Concerti di Pesaro, l’Accademia Musicale Napoletana e la Fondazione Rossini, con i pianisti Stefan Irmer, Bruno Canino, Marco Sollini e Giovanni Bellucci.

L’Orchestra e il Coro del Teatro Comunale di Bologna interpreteranno: Mosè in EgittoAdelaide di Borgogna e Il barbiere di Siviglia; l’Orchestra Sinfonica G. Rossini: La scala di seta e Il viaggio a Reims. 

   Alberto Zedda, direttore artistico del ROF

© Zedda-Vázquez